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La basilica riprende l’antica dedicazione della Chiesa Vecchia di S. Giorgio, demolita nel 1960, presso l’attuale L.go Chiesa Vecchia, per fare spazio alla costruzione di un nuovo condominio. L’antico edificio portava con sé una storia secolare e costituiva il principale luogo di culto della comunità di Cuggiono. La chiesa subì, come è normale, diversi ampliamenti: nel Quattrocento vennero sviluppati dei locali adibiti a sacrestia, e nel 1537 il corpo di fabbrica vide l’aggiunta di una piccola navata e di una cappella, questo a seguito dell’evoluzione demografica positiva che interessò Cuggiono in quegli anni. La visita di S. Carlo Borromeo del 1570 stimolò ulteriori modifiche e ampliamenti all’edificio: apertura di nuove finestre nella zona absidale (lo spazio era ritenuto dal santo milanese troppo buio), chiusura delle porte laterali (per evitare l’andirivieni delle persone durante la celebrazione liturgica) e posizionamento di un battistero fisso posto a sinistra dopo l’ingresso in chiesa. Tali suggerimenti non trovarono però un’immediata realizzazione, forse a causa della pestilenza che si scatenò nel milanese subito dopo la visita cardinalizia.

La costruzione di un nuovo luogo di culto, più capiente rispetto alla Chiesa Vecchia (che assunse col tempo il ruolo di chiesa sussidiaria) venne promossa durante una visita pastorale dell’Arcivescovo di Milano Federico Borromeo nel 1605. Il progetto venne affidato al giovane architetto Francesco Maria Richini, già noto nell’Arcidiocesi di Milano per via delle numerose chiese che in quel periodo stava disegnando e costruendo. Il 25 aprile 1606 il parrocco di Cuggiono Melchiorre Gallizia posò e benedì la prima pietra della Basilica di S. Giorgio. Aperta al culto nel 1633, la chiesa di S. Giorgio presenta le caratteristiche architettoniche tipicamente previste dalle disposizioni di S. Carlo Borromeo: aula unica e ampia per accogliere più persone possibili, disposizione del pulpito per la proclamazione della Parola al centro della navata e tabernacolo posto nel presbiterio, ben visibile a tutti e collocato posteriormente alla mensa dell’altare maggiore.

Inizialmente non decorata, attorno ai primi anni del Novecento venne incaricato il pittore torinese Luigi Morgari (1857-1935) di affrescare le volte della chiesa (1908-10). Un ciclo di dipinti che trova la sua massima espressione nella “Gloria di S. Giorgio”, dipinta sulla volta posta all’incrocio tra il transetto e la navata della chiesa. Altrettanto degna di nota è il soggetto che ricopre il catino absidale, l’Assunzione di Maria.

Le cappelle ospitano tele di assoluto pregio, realizzate tra XVI e XVII secolo. Presso la cappella di S. Benedetto Martire, ad esempio, è conservata una tela di scuola probabilmente leonardesca raffigurante S. Giorgio che offre al Bambino la testa del drago. Altre cappelle di assoluto rilievo sono la Cappella della Madonna del Carmine, la cappella di Sant’Antonio da Padova e la cappella di S. Giuseppe, tute volute dal prestigioso mecenate Galeazzo Arconati Visconti (1580-1649). L’autore dell’altare della Cappella della Madonna del Carmine fu Francesco Calone, scultore ticinese, che ha lasciato traccia della sua attività presso la Veneranda Fabbrica del Duomo nel corso degli anni ’40 del Seicento. La pala raffigurante la Madonna è invece opera di Carlo Francesco Nuvolone, uno di quegli artisti del pieno barocco milanese che inaugurarono la nuova pittura secentesca meneghina dopo la triste fase della pestilenza e l’uscita di sena di quei grandi pittori a servizio del cardinale Federico, quali il Cerano, il Morazzone e i fratelli Procaccini.

L’altare maggiore è stato disegnato da Lepoldo Pollack (1751-1806), già noto per i suoi progetti preliminari di Villa Annoni, e questo rappresenta forse l’opera sacra più significativa dell’architetto. Sulla sommità del tabernacolo è collocato il Cristo Risorto appartenente al precedente altare maggiore ligneo del Garavaglia. Anche l’organo di S. Giorgio merita di essere menzionato: esso venne costruito dall’organaro Vavassori nel 1643. Della struttura originale si conservano solo alcune canne (firmate dalle stesso organaro) poiché nel 1860 la nota famiglia di organari magentini Prestinari procedette alla ristrutturazione completa dello strumento, e vennero aggiunti anche dei registri percussivi che riproducevano sonorità bandistiche, tipiche dell’arte organaria ottocentesca. Posteriormente all’altare maggiore è conservato un coro ligneo intagliato nel Settecento.

Tutte le decorazioni architettoniche presenti vennero disegnate e previste dal progetto del Richini, mentre risultato provenire da un altro contesto le statue che sono collocate in varie nicchie della zona presbiterale. Queste sculture barocche, che completano la panoramica sugli aspetti storico-artistici della Basilica di S. Giorgio, sono attribuite ai fratelli Pozzi e vennero recuperate dalla chiesa di S. Francesco Grande in Milano (che sorgeva presso l’attuale caserma della polizia Calabresi in largo Gemelli) nel 1794 e collocate presso la basilica. Le statue risultano essere la personificazione, in pieno stile espressivo barocco, di vari soggetti teologici e morali: l’Amore del Prossimo, la Fede, la Speranza, l’Amore di Dio e S. Giuseppe.

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